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Come per magia, finita la campagna elettorale, i partiti di "sinistra" che avevano evocato lo spettro del pericolo neofascista in Italia, si sono ritirati nelle segrete stanze, o meglio, nei salotti buoni della Repubblica mediatica televisiva, per pensare alla nuova formazione del governo.
Il Pd dà prova di una sincera incapacità nel distinguere i momenti storici, e preferisce lavarsi le mani davanti alla possibilità di un governo dei grillini di cui avrebbe le chiavi della tenuta, piuttosto che vedere la destra xenofoba, liberista e nazionalista governare il Paese. Vuole evitare di chiudere baracca e burattini facendo opposizione a questa destra. Che così andrebbe al governo....Almeno così potremmo vedere la differenza, tra il centro politico che ormai rappresenta, e la vera destra postfascista. Perché, rispetto alla destra repubblicana e spuria dei grillini, in effetti, la differenza del Pd si è vista poco. E infatti i "suoi elettori" hanno preferito i grillini.
Ma dov'è finito il pericolo neofascista? Seppellito dal risultato elettorale, mormora qualcuno sulle reti sociali. In realtà è sempre presente, perché i criminali politici dei diversi e nuovi partiti neofascisti sono stati subito legittimati e resi normali dal sistema mediatico, che ne ha fatto delle bestie da circo, ma altamente "digeribili". Un circo vecchio e poco politically correct, se ha avuto bisogno ancora di giocare con le bestie, come molti circhi ormai non fanno più da tempo...
Ma, ed è questo il punto, è proprio il Circo mediatico e l'uso strumentale del pericolo neofascista che dovebbe obbligare i sinceri antifascisti ad andare avanti nella lotta per la chiusura di partiti che si rifanno liberamente e orgogliosamente al periodo fascista, prendendolo a modello di una possibile e "nuova" società.
Benché la costituzione lo vieti esplicitamente, sino ad oggi, non c'è stato nessun magistrato, nessun partito, nessuna istituzione che abbia preso l'iniziativa di chiudere questi partiti, nonostante l'evidente crescita delle minacce, delle aggressioni, delle intimidazioni, e degli sfregi di cui si sono resi colpevoli questi partiti negli ultimi 4 anni (come ben documentato da Left:https://left.it/2018/02/04/fascismo-la-mappa-delle-aggressioni-e-degli-a...).
L'unica istituzione che s'è mobilitata davvero è stata l'Anpi, sostenuta anche dalla Cgil (questa è la pagina per firmare per la chiusura di questi partiti e far rispettare la costituzione: https://www.change.org/p/istituzioni-democratiche-mai-pi%C3%B9-fascismi-...).
Il resto dei soggetti politici e sociali hanno pensato bene di lanciare l'allarme, e poi nascondere la mano. Oppure rispondere alle ormai numerose violenze neofasciste in Italia, documentate non solo dal settimanale LEFT ma anche dall'ESPRESSO, con altrettante violenze. La classica risposta organizzata "a sinistra". Oppure si sono organizzate manifestazione di protesta contro i presidi o gli atti più eclatanti delle aggressioni neofasciste (come a Macerata). O, ancora peggiore, è stata la reazione di chi pensa di vincere il neofasismo nelle urne o semplicemente con strumenti culturali. Come se non fosse già del tutto evidente che quando la destra e la nuova destra repubblicana e spuria dei 5 stelle, insieme, hanno il 70% dei voti, la cultura antifascista è ormai patrimonio di una minoranza di soggetti politici. Chi ha raccolto il 70% dei consensi, per esempio, non si rifa più alla resistenza. Perché destra e sinistra non esistono o non hanno più senso, o perché sono uguali, o perché tra i partigiani e i repubblichini non c'è differenza, oppure perché il problema "sono i centri sociali" (ultima delle idiozie che si affermano senza più lo stupore o l'indignazione di nessuno).
E' chiaro che la lotta culturale è sacrosanta e che non bisogna fare il gioco della repressione che può dare frutti amari. Ma bisogna pur sempre pensare a una strategia politica per evitare il rischio reale che la violenza politica venga ancora una volta fatta entrare nel gioco politico come se non si fosse già passati per questa strada. O come se non si fosse sciolto l'Msi. Oppure, ancora peggio, come se i partiti neofascisti siano una naturale appendice della nostra vita politica, e ci dobbiamo rassegnare alla loro presenza leggittima.
Che tutto continuerà come adesso, ossia che questi partiti resteranno per sempre marginali, è davvero difficile da ipotizzare, visto anche che hanno aumentato di molto la visibilità e i voti, oltreché, appunto, sono stati leggittimati dal sistema mediatico. Quando si normalizza la violenza politica c'è poco da fare appelli culturali o sviluppare campagne politiche per vincerli elettoralmente: la violenza è ormai accettata come uno strumento tra gli altri nella nostra "civile democrazia".
Se la situazione dovesse restare così, com'è probabile, il panorama è destinato a peggiorare. Anche un bambino potrebbe arrivarci. E i nostri costituenti lo sapevano bene. Per questo ne hanno vietato l'ingresso nel pantheon politico.
Come è successo negli ultimi decenni al Fronte Nazionale francese, il problema che si vede in prospettiva è quello di accettare che dei partiti che si rifanno chiaramente e con orgoglio a finalità e metodi violenti in politica, e che li praticano apertamente ormai da anni, possano diventare dei soggetti che decidano delle sorti collettive del nostro Paese. Anche se adesso può apparire prematuro, non è impossibile che ciò si verifichi. E la stessa presenza di questi soggetti non fa che invelenire ulteriormente il clima già violento che ha permesso a M5S e alla destra retrograda e reazionaria, di avere tanto consenso.
Perciò c'è bisogno di pensare a qualcosa di più incisivo e democratico per arrivare alla chiusura di questi centri di violenza politica che abbiamo accettato alle ultime elezioni. Criminali politici subito mascherati da brave persone a telecamere accese.
Una possibilità per generare un largo movimento sociale, culturale e politico potrebbe essere quella di avviare un REFERENDUM POPOLARE per la chiusura di questi centri e il rispetto della costituzione repubblicana. In teoria non ce ne sarebbe bisogno, ma, in realtà, vista anche la situazione generale, sarebbe davvero importante lanciare una grande campagna di discussione pubblica sul tema della difesa e del rinnovamento della Democrazia in Italia.
La campagna referendaria sarebbe rischiosa, perché affatto scontata e sotto il rischio di una loro ulteriore legittimazione (nel caso di sconfitta), ma anche l'unica maniera di lanciare una grande discussione pubblica sul tema che vada oltre alcuni gruppi di sinistra che protestano da tempo, per decidere collettivamente su come vogliamo difendere la nostra democrazia. E, magari, anche su come la vorremmo rendere davvero tale. Una grande campagna culturale ma finalizzata all'obiettivo politico di tracciare una linea tra chi è un criminale politico e chi non lo è. Magari mettendo anche dei limiti ai partiti di destra che, grazie anche alla miopia del Pd, potrebbero ritornare al governo.
Chi minimizza oggi il pericolo della normalizzazione della violenza politica già in atto, potrebbe ritrovare nel referendum un'occasione per recuperare la lucidità e la dignità politica che, oggi e in generale, sembra importare poco.
E noi tutti potremmo avviare un percorso democratico per rinnovare la radice antifascista della nostra Repubblica, oltre le semplicistiche ed errate soluzioni di scendere sullo stesso terreno d'azione dei neofascisti o di sfidarli sul terreno elettorale (i radicali che hanno avanzato quest'idea hanno preso circa il doppio di voti di questi partiti...che vogliamo fare?).

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