Passo-passo


Pubblico di seguito un'intervista che mi è stata fatta in merito alla situazione cilena.

Link: https://davidematrone.blogspot.com/2020/06/il-conflitto-in-cile-per-una-...

Il conflitto in Cile per una Nuova Assemblea Costituente. Intervista al filosofo Emanuele Profumi.

Emanuele Profumi è ricercatore in filosofia politica in diversi gruppi di ricerca europei (Italia, Spagna, Francia, Portogallo) ed è giornalista free lance. Insegna "Introduzione ai Peace Studies" all 'Università di Pisa e pubblica su diverse riviste nazionali ed internazionali. Tra i suoi libri ricordiamo: "Sulla creazione politica. Critica filosofica e rivoluzione" (2013) e "Ripensare la politica. Immagini del possibile e dell'alterità" (2019). Sulla base di vere e proprie "inchieste politiche" ha scritto dei reportage narrativi sull'America Latina (Brasile, Colombia e Cile). "Cile, il futuro già viene" (2020) è l'ultimo lavoro di una trilogia dove si approfondisce la trasformazione sociale e politica come chiave di comprensione collettiva.

Intervista di Davide Matrone

Cile è il primo paese latinoamericano a sperimentare, dagli anni '70, le ricette neoliberali della Scuola di Chicago di Milton Friedman. L'aumento delle tariffe della metropolitana ha scatenato un' immensa mobilitazione nel paese. Tra gli slogan dei manifestanti uno in particolare evocava il periodo della dittatura :"non sono i 30 pesos, bensí i 30 anni di neoliberalismo". Come interpreti questa frase?

Lo slogan è uno dei tanti che sono stati forgiati durante l'enorme mobilitazione dello scorso anno. È uno slogan che... leggi tutto ....

Immanuel Kant sarebbe stato sconvolto dal mio atteggiamento. Si dice che, quando lui usciva di casa per passeggiare, si potessero rimettere in ordine gli orologi, tanto fosse preciso e maniacale nell’uscire sempre ad uno stesso, preciso, orario. Spaccava il minuto. Da quando è iniziata la quarantena, anch’io esco di casa. Sempre, esattamente, ad un orario diverso. Anch’io sono molto metodico, ma nell’evitare di uscire alla stessa ora…chissà se lui avrebbe apprezzato lo stesso.
Da alcune settimane, poi, alle mie passeggiate quotidiane associo uno spirito nuovo: non tanto la necessità psico-fisica di uscire, e neppure il disappunto con cui vedo la città fantasma o le persone chiuse nelle case che guardano da dietro la finestra con un misto di rabbia e paura, bensì quanto generalmente nasce quando uno viaggia: lo spirito della scoperta, la ricerca di quanto non si conosce. Soprattutto della realtà naturale e ambientale che mi circonda e a cui non ho dato nessuna importanza prima della pandemia.
A cominciare da quanto mi sta più vicino. Dai vasi del mio balcone. Inizialmente pieni di piante grasse e terra secca, mi sono accorto che sono pieni di fiori, erba, piante sconosciute e piccole spighe verdi. Piccole e lucenti. Ho “scoperto” che sono un po' ovunque, lungo le strade e nei campi vicino casa. Il vento e la signora di sopra, i cui panni bagnati gocciolano regolarmente in due dei miei vasi, li hanno trasformati in esempi di biodiversità senza che me ne rendessi conto.
Nelle mie passeggiate, invece, cerco di seguire alcuni percorsi “obbligati”, per via delle limitazioni che prevedono che uno non si possa allontanare molto dalla propria abitazione. Ma più cammino e più mi viene voglia di scoprire e ricercare. Il mio è un vizio antico. Una passione da flaneur che faccio fatica a... leggi tutto ....

Il mio carissimo amico Raffaele Lupoli, un giornalista di primo ordine, mi ha invitato a un incontro su zoom, uno dei tantissimi che ormai proliferano durante la quarantena per ritrovare il senso della relazione e della condivisione. Anche se dietro uno schermo del computer o del telefono, eravamo là per un primo confronto tra persone “della stessa famiglia”. Con lui c’erano, infatti, diversi amici e amiche con cui condividiamo una prospettiva chiaramente ecologista e democratica, radicale.
La sua preoccupazione, più che giustificata, è che viviamo in una situazione di “compressione dei diritti” e della difficoltà di fare arrivare il messaggio ai più sui motivi profondi della diffusione della pandemia e sulla necessità di capire le ragioni ecologiche che ci dovrebbero spingere tutti verso un cambiamento profondo nella produzione e nel consumo.
Molte sono state le domande e le preoccupazioni, anche perché ognuno di noi, a suo modo, ha vissuto o vive un forte impegno etico e politico nel lavoro e nella vita.
C’è chi ha sottolineato l’importanza di recuperare la dimensione comunitaria e di emanciparsi dalla dimensione urbana, chi la ricerca di valori condivisi e di un rinnovato telos comune (non solo tra chi è già d’accordo sulla necessità di un cambiamento radicale e di una discussione reale con le persone che non appartengono alla nostra “cerchia”, che non vivono o mai hanno vissuto “la militanza”). Fare “massa critica” e allargare l’ascolto verso chi normalmente non si esprime. Chi ha messo l’accento sul diritto alla vita e sulla necessità di avviare una campagna per rafforzare la sanità pubblica. Lo stesso Raffaele ha ricordato che l’attuale spesa in deficit del governo, il debito che pagheranno le future generazioni per salvarci oggi, non rafforza il sistema sanitario pubblico in... leggi tutto ....

Posto su questo blog un articolo molto condivisibile di Alfonso Maurizio Iacono, capace di mostrare cosa c'è di estremamente importante nell'evento del Coronavirus, al di là della tragedia che vi si accompagna necessariamente. Per guardare l'inatteso con gli occhi giusti. Per ribaltare una coazione a ripetere di fronte alla novità, e, mi sento di aggiungere, alla logica che sta predominando, alla base del problema politico che ho evidenziato nei miei post precedenti.

Link:https://ilmanifesto.it/un-evento-inatteso-che-spinge-verso-la-poesia-del...
UN EVENTO INATTESO CHE SPINGE VERSO LA POESIA DELLA VITA
di Alfonso Maurizio Iacono

Mentre sto scrivendo ho la fortuna e il privilegio di poter guardare gli alberi dell’Orto Botanico di Pisa che si stagliano nel cielo in un quadro senza prospettiva, quasi come in un dipinto di Cézanne. Dopo molto tempo sento gli uccelli cinguettare e i cani abbaiare. Mi alzo per prendere un libro nell’altra stanza e, affacciandomi alla finestra che dà sulla via che porta alla Torre Pendente, non vedo nessuno per strada, i negozi, i ristoranti e le pizzerie chiuse e nel silenzio assordante che riempie la via, non posso non pensare alla fiumana di persone di tutte le razze che durante tutto l’anno si muovono incessantemente con azioni sempre uguali eppure sempre diverse. Penso a quanto può essere smarrito oggi chi non può lavorare né guadagnare, penso a coloro che rischiano lavorando, ma penso anche a come potrebbe essere una vita dove al rumore di fondo delle auto si sostituisca il suono degli esseri viventi, dal frusciare degli alberi al parlare degli animali, in un mondo più lento e meno ansiogeno.

ARNALDO MOMIGLIANO, storico antico... leggi tutto ....

Posto su questo blog una considerazione che è stata pubblicata ieri, come la mia riflessione sulla giustizia, e, come quest'ultima, si concentra sulla pericolosità della metafora bellica, che secondo me è frutto di una specifica propaganda e campagna politico-mediatica. Non importa se organizzata a tavolino oppure no, ma sicuramente voluta. La sua gravità è che ha delle ricadute profonde sulla nostra vita politica e "ha già convinto" non solo chi democratico, in fondo, non è, ma anche molti liberaldemocratici e democratici di sinitra, a partire da chi si trova al governo oggi, che non si accorgono di entrare in profonda contraddizione nel farlo. Il che non sarebbe un problema, per chi liberaldemocratico non è, per esempio, ma lo diventa perché in questo modo si rafforza il senso comune e l'opinione corrente che ha ben altre radici e conseguenze nefaste. Per usare un'altra metafora, è bene ricordare loro questa contraddizione per convincerli a fare marcia indietro, ed evitare che un certo immaginario antidemocratico si rafforzi e divenga "egemonico", cosa che sembra ormai evidente, almeno a me.

Link: https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafo...

SMETTIAMO DI DIRE CHE E' UNA GUERRA

di ANNAMARIA TESTA

Specie in tempi difficili, dovremmo sforzarci di usare parole esatte e di chiamare le cose con il loro nome.

Le parole che scegliamo per nominare e descrivere i fenomeni possono aiutarci a capirli meglio. E quindi a governarli meglio. Quando però scegliamo parole imprecise o distorte, la comprensione rischia di essere fuorviata. E... leggi tutto ....

In una recente intervista a “La Nazione”, Alfonso Maurizio Iacono si è posto la domanda che tutti coloro che hanno una prospettiva critica rispetto all’attuale sistema economico-politico si dovrebbero fare: ma davvero dopo la Pandemia vogliamo ritornare a vivere come prima?!
Una domanda che ne nasconde delle altre implicite, come lo stesso Iacono chiarisce: vogliamo davvero mettere la produzione compulsiva al centro di tutto e continuare con la nostra cultura capitalista e consumista? Non sarebbe meglio ridare valore ad altro, e prima di tutto al senso del tempo che viviamo, individualmente e collettivamente?
Ciò che appare subito sorprendente è che la sua domanda ha qualcosa di rivoluzionario in questo momento, quando invece dovrebbe essere LA domanda ordinaria in una situazione democratica. La politica, infatti, se intesa come chiaro progetto di auto-trasformazione della società, si nutre continuamente di questa domanda. Qualsiasi politica, tra l’altro, lo fa quando non ha reciso definitivamente il suo legame intimo con la democrazia, perché è prima di tutto il potere collettivo ad essere alla base dell’autotrasformazione collettiva. Invece, e cadendo in una specie di apparente groviglio di rimandi, tale domanda è straordinaria perché rivela quanto l’eccezionale pandemia sveli che c’è stato nel tempo un ribaltamento tra l’ordinario e lo straordinario. La mutazione della politica in atto, infatti, può anche essere letta come una normalizzazione di una tendenza che porta alla sua scomparsa.
Ecco perché sottolineare che la situazione di pandemia può essere anche “un’opportunità” per rinascere e migliorarsi, come ha fatto di recente anche Umberto Galimberti, e come alcuni gruppi di estrema sinistra stanno sostenendo in questi giorni, è ancora più vero se pensiamo alla realtà della... leggi tutto ....

Avevo uno "Zio Zen". Zio Emilio si chiamava. In realtà era lo Zio di mia madre. Ma, per me, sempre Zio era. Un uomo pacato e schivo, che parlava poco e fumava tanto. Le dita affilate e giallastre delle sue mani erano la prova di una vita sospesa e lontana dal delirio produttivista o dall'imperativo del successo, ormai moneta sonante della società capitalista dello spettacolo. Una vita fatta di espedienti e di quella calma che un tempo caratterizzava il populino romano. Una tranquilla povertà. Era il tipico rappresentante di un'Italia che non esiste più. Che prima di parlare si fermava a pensare se ne valesse la pena. Ma che, quando lo faceva, potevi venir travolto dalla sua inaspettata, sottile e tagliente ironia. Non era sarcasmo né il volgare e bieco cinismo che ormai a Roma sembra essere il linguaggio universale. Forse aveva sviluppato quest'ironia vivendo la guerra e poi l'Italia in macerie, e la ricostruzione del dopo guerra. Il dramma vero consente di prendere distanza in modo intelligente dalle difficoltà e da se stessi. Chi non l'ha mai veramente vissuto non se lo può minimamente immaginare. Ma forse l'aveva rafforzata anche stando alla finestra di casa sua. Strano? Non esattamente. Zio Emilio, infatti, era capace di passare ore e ore in finistera ad osservare quello che succedeva nella stradina su cui si affacciava, Via San Marino. Per anni ha osservato il comportamento dei passanti in silenzio, o tutt'al più ricambiando un saluto o un accenno di intesa con qualcuno che conosceva. Il saluto dei pochi parenti che gli restavano, come anche le mie incursioni improvvise sotto casa, prima che se ne andasse. Questa pratica silenziosa, infatti, probabilmente era accompagnata da un attivo processo mentale di comprensione della vita altrui. E questa, come... leggi tutto ....

Oltre alla mia riflessione di qualche giorno fa, cominciano a svilupparsi altre considerazioni che vanno nella stessa direzione. Le ospito volentieri su questo blog, come farò anche in futuro. Ecco intanto tre articoli interessanti, sperando che si sviluppi un vero dibattito pubblico sulle questioni che stiamo ponendo. Nel video un esempio della contraddittoria cecità delle posizioni democratiche ufficiali (Prodi).
"La cura (in) folle"
di RAFFAELE LUPOLI
Link: https://www.facebook.com/notes/associazione-dasud/mappe-la-cura-in-folle...

Siamo al classico bivio. Da una parte la discesa. Tanto ripida. Qualcuno la definisce baratro. Dall’altra una curva strettissima, a doppio senso di marcia ma a corsia unica: andiamo senza sapere chi e cosa arrivi dalla direzione opposta.
Lo intravediamo quell'angolo che ci impone la scelta, ormai è vicinissimo. La segnaletica c'era già da un po', a dirci che era tempo di scegliere. A dirla tutta i primi avvisi li abbiamo visti quando il baratro era ancora una discesa ripida e la curva dall'altra parte era meno stretta, lasciava qualche margine di manovra.
Abbiamo continuato a correre.
Qualcuno ha anche lanciato un grido, dal ciglio della strada. "Disturbatori" abbiamo pensato, accelerando per allontanare presto l'eco. In qualche caso abbiamo anche sterzato leggermente verso gli urlatori, per poi riprendere la corsa: "Ti metto sotto imbecille buono a nulla. Io corro con il vento nei capelli verso il successo, lo sviluppo, e tu che fai? Urli che dobbiamo rallentare? Che dobbiamo svoltare in un'altra direzione, finire in un luogo assurdo in cui si corre meno ma in tanti? Sei... leggi tutto ....

Mentre salgo sulla strada di casa, vedo bandiere dell'Italia ovunque. Grandi, piccole, così così, con scritte, simboli vari (anche una corona dei Savoia), o "nature". Da una finestra a cui si accalcano tre donne, una madre con le figlie probabilmente, scende anche una bandiera che non assomiglia alle altre, pur avendo gli stessi colori. E' una bandiera di "Forza Italia".
Ma questa non è la particolarità della strada dove vivo. Non quella di essere tutta una buca, che l'accomuna a molte altre strade romane. Neanche quella di essere circondata da case popolari. Ma quella di ospitare uno dei covi neofascisti romani, la palestra "Primo Carnera" (un pugile considerato eroe della Patria sotto il Ventennio). Sarà per questo che l'inno di Mameli viene sparato a tutto volume da una delle finestre degli edifici che si affacciano sulla strada e nessuno dice nulla. Anzi, vedo pure qualcuno che lo canta in solitudine. Non sono più convinto che la musica sia sempre un modo positivo per reagire, come pensavo ieri alle 18. Mi sembra possa anche riprodurre lo straniamento tipico della società dei consumi. Individualismo e abuso. Il tutto condito con una sana retorica nazionalista. Niente male, non c'è che dire. Spero davvero che in altri posti sia andata meglio.
Arrivo sulla strada principale. Solo qualche macchina e quasi nessuno che cammina come me. Ci sono più persone che corrono che persone che passeggiano. Un paio mi superano ad un'andatura imbarazzante. Forse, pur di uscire di casa, hanno deciso di correre, per avere più alibi nei confronti delle forze dell'ordine, che oggi a Roma hanno arrestato e multato moltissime persone. Colpevoli di muoversi senza un giusto motivo o l'autocerticazione. Una presenza minacciosa e inquietante... leggi tutto ....

Interventi di
UBALDO FADINI
EMANUELE PROFUMI
ALFONSO MAURIZIO IACONO
In dialogo con il pubblico presente.

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