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L'Italia incattivita e rancorosa ha oggi il suo manifesto, in musica.

La vittoria del rapper "Anastasio" è l'ennesima conferma di come abbiamo imboccato la pericolosa strada della legittimazione della violenza. Violenza spettacolare, non c'è dubbio. Ma pur sempre l'esaltazione del rifiuto del mondo resa molto bene in musica. Un manifesto quindi, anche se sopratutto di una generazione. O meglio, delle giovani generazioni. Frustrate, rabbiose, impotenti.

X Factor è stato un ottimo trampolino per rendere visibile un fenomeno che per anni è stato sotterraneo, e che, da qualche anno, ha una sua diretta espressione politica. L'odio, non importa se contro gli ultimi degli ultimi (i migranti) o contro coloro che sono considerati "i responsabili" (i politici o, adesso, i "vecchi politici"), è il cemento immaginario che ha permesso, e permette, l'alleanza scellerata e reazionaria tra Lega e Grillini. Un'alleanza più coerente di quanto gli elettori che furono di sinistra, e che oggi votano il partito autoritario della propaganda eretta a modus vivendi, vogliono ammettere. Forse per non perdere l'ultimo barlume di illusione che li ha portati a votare "il movimento anti casta", anche se questo si comporta come la peggiore espressione di quella casta. Forse per non perdere la faccia davanti a se stessi, per non scoprirsi totalmente irrazionali e incoerenti. Forse per non perdere la faccia con gli altri, per non ammettere di essere stati raggirati o di essersi sbagliati. O forse semplicemente per non voler capire perché la vittoria di Anastasio li riguarda direttamente.

La sua vittoria, infatti, ha riempito la X di "X factor" di contenuto. Di un doppio messaggio. La X è diventata l'espressione di una generazione di anonimi cittadini che sentono il peso di non contare nulla, e che, per questo, disprezzano il mondo, la società, gli altri, e tutto ciò che viene considerato importante o bello (tipo la cappella sistina nella canzone di Anastasio). Allo stesso tempo la X è proprio l'affermazione di questo rifiuto, dell'eliminazione profonda di ciò che non rispetta la nostra intima insofferenza nei confronti del mondo. Del mondo esterno a questa privata sofferenza, che diventa Angelo vendicatore, giudice dell'apocalisse, istanza del giudizio universale. Visto che nessuno la comprende, nessuno l'ascolta, questa si erge a rabbia iperbolica (a meteorite diretto verso la distruzione di tutto e di tutti). Il sistema spettacolare di X Factor, tutto teso a premiare ciò che riesce a bucare il video, che premia quanto è più spendibile nel mercato dello spettacolo (ciò che "funziona"), ha puntato in modo sconsiderato su questo manifesto, considerandolo "verace". Ha colto che Anastasio ha il "pregio" prezioso (nel senso letterale del termine) di mettere in musica una voce collettiva, un sentire diffuso. Una miniera d'oro per il mercato, insomma. In un mondo fatto di plastica e di luci, di pompose costruzioni sceniche, dove il vero e il falso si confondono e si sostituiscono, Anastasio è risultato un prodotto migliore della prodigiosa Naomi (vocalmente inarrivabile per tutti gli altri competitor), nonostante quest'ultima rappresentasse meglio in DNA della competizione tutta volta a premiare la forma, o la voce e l'interpretazione, piuttosto che l'estro, il messaggio e la creatività, o il contenuto. Questa volta, tanto per continuare a sorprendere, il messaggio veicolato dalle canzoni è stato premiato, e non solo la capacità musicale. Non solo la potenza espressiva, che Anastasio ha senz'altro da vendere. Puntando su di lui, infatti, X Factor ha voluto e saputo proiettarsi come il primo grande reality della società italiana.

Peccato che il ribellismo di Anastasio, con il suo letto di frustrazioni e l'enorme croce celtica mascherata da orologio che lo campeggia, altro non è che il peggio della società italiana. Quella che non sa più cambiare, perché neanche sa immaginarsi un cambiamento possibile, e per questo si riduce a distruggere quello che c'è. Il sogno mortifero che porta Anastasio a gridare che vuole guidare un meteorite per distruggere la terra, pur di non restare impotente davanti alla realtà, è un sentimento nazional popolare oggi. Come quando ha proposto l'indecente manipolazione della canzone "Generale", ribaltandone la prospetttiva antimilitarista, grazie al paravento, ormai largamente giustificato, del solito sentimento di rabbia.

Ecco perché nell'arena spettacolare del "fattore analfabeta" questa manipolazione rap è stata presentata invece come un'interpretazione originale, quasi geniale. Forse per il vuoto feroce che segna anche uno spettacolo grandioso come X Factor, attraversato dal mito del successo dei più "capaci" e della valorizzazione degli "esperti canori". O forse perché si tratta, pur sempre e semplicemente, di spettacolo, in fondo. Oggi megafono di una realtà tutta piegata su se stessa. Sul rancore impotente eretto a liberazione spettacolare dal "principio di realtà" . Anticamera del delirio. Collettivo, con buona pace di Freud.

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