Versione PDF

Immanuel Kant sarebbe stato sconvolto dal mio atteggiamento. Si dice che, quando lui usciva di casa per passeggiare, si potessero rimettere in ordine gli orologi, tanto fosse preciso e maniacale nell’uscire sempre ad uno stesso, preciso, orario. Spaccava il minuto. Da quando è iniziata la quarantena, anch’io esco di casa. Sempre, esattamente, ad un orario diverso. Anch’io sono molto metodico, ma nell’evitare di uscire alla stessa ora…chissà se lui avrebbe apprezzato lo stesso.
Da alcune settimane, poi, alle mie passeggiate quotidiane associo uno spirito nuovo: non tanto la necessità psico-fisica di uscire, e neppure il disappunto con cui vedo la città fantasma o le persone chiuse nelle case che guardano da dietro la finestra con un misto di rabbia e paura, bensì quanto generalmente nasce quando uno viaggia: lo spirito della scoperta, la ricerca di quanto non si conosce. Soprattutto della realtà naturale e ambientale che mi circonda e a cui non ho dato nessuna importanza prima della pandemia.
A cominciare da quanto mi sta più vicino. Dai vasi del mio balcone. Inizialmente pieni di piante grasse e terra secca, mi sono accorto che sono pieni di fiori, erba, piante sconosciute e piccole spighe verdi. Piccole e lucenti. Ho “scoperto” che sono un po' ovunque, lungo le strade e nei campi vicino casa. Il vento e la signora di sopra, i cui panni bagnati gocciolano regolarmente in due dei miei vasi, li hanno trasformati in esempi di biodiversità senza che me ne rendessi conto.
Nelle mie passeggiate, invece, cerco di seguire alcuni percorsi “obbligati”, per via delle limitazioni che prevedono che uno non si possa allontanare molto dalla propria abitazione. Ma più cammino e più mi viene voglia di scoprire e ricercare. Il mio è un vizio antico. Una passione da flaneur che faccio fatica a tenere a bada. Le persone che vedo e incrocio sono tutte molto rispettose delle distanze. Non ne vedo una che sia irresponsabile. A volte mi capita di inoltrarmi in stradine dove c’è la possibilità di passare uno alla volta e di incontrare qualcuno che viene dalla direzione opposta. Un po' come si faceva secoli fa, ognuno di noi si ferma e prega l’altro di passare, anche senza verbalizzarlo. Molte persone con cui mi capita di incrociare lo sguardo mi parlano come se fossimo amici da una vita. Una parola, una frase, un’esclamazione, o anche solo un gesto del viso da condividere in complicità, per poi proseguire ognuno la propria camminata più o meno coatta. C’è pure qualcuno che ha già messo un piccolo babbo natale alla finestra…ma questo non mi sembra un buon segno, a pensarci bene...
Il giorno di Pasqua decido di rinascere anch’io, come un altro omonimo ancora più famoso e importante di Kant, e trasformo la mia passeggiata in una vera e propria scoperta di un grande parco che si trova vicino casa. Ma la prima cosa che vedo, dopo pochi metri, è un gruppo di piccioni che banchettano alla faccia mia (nostra, per la verità), e poi uno di loro che fa la corte a una femmina che, ovviamente, davanti al suo petto gonfio e ai girotondi eccitati continua a mangiare come se nulla fosse...di colpo mi rendo conto di quanto sia eccezionale la situazione sotto la pandemia: è la prima volta in vita mia che sono invidioso dei piccioni!
Abbandono subito questa strana sensazione e mi avvicino al parco pubblico dove voglio fare il giovane esploratore. In quel posto mi è già capitato di andare a correre e anche di imbattermi nei carabinieri. Una volta li evitai per un riflesso quasi automatico che mi portò a fare uno scatto tra gli arbusti e le piante alte, mentre loro mi claccsonavano dietro. Un’altra semplicemente ho fatto diverse marce indietro su stradine poco accessibili con la macchina, sino a quando si sono scocciati di seguirmi. Questa volta spero che anche loro si stiano godendo la santa pasqua insieme ai parenti, dietro uno schermo del computer, da bravi “cittadini modello”.
Dopo essere entrato nel parco, non a caso, mi capita di incontrare diverse persone sinceramente preoccupate che mi chiedono se ho visto le “forze dell’ordine” sulla mia strada. Un anziano con la mascherina che mi racconta di averli visti ed evitati più di una volta anche lui, una ragazza paffutella con la bicicletta, che confessa che è la prima volta che esce di casa, ma che non ne può più. E altri che incrocio con gli sguardi preoccupati e guardinghi. Forse dovrei mettermi a correre, come le tantissime persone che vedo in ogni angolo della zona. Ma non sono sicuro che così eviterei di giocare a guardie e ladri nel parco. Faccio un respiro profondo per farmi coraggio e continuo a fare le mie scoperte naturalistiche da boy scout de noantri.
Mentre cammino, a dir la verità, più che uno scout mi sento un po' come il Siddartha di Hesse: ad ogni passo riacquisto una certa consapevolezza e tranquillità. Penso ai passi e al respiro, e proseguo leggero filmando qua e là con la mia macchina fotografica. Mi concentro sul movimento del corpo e del pensiero. Ma non riesco a pensare solo a quello, purtroppo, perché riemerge virulenta la preoccupazione quasi ossessiva delle cause e delle conseguenze del Covid.
Forse per il luogo, forse per il mio esercizio “spirituale”, mi vengono in mente gli allarmi che da anni si stanno lanciando sul legame stretto tra cambiamento climatico (degli ecosistemi) e la diffusione delle malattie infettive come il Covid. Quanto la variazione delle temperature, l’umidità e le condizioni del suolo spingano i virus ad attaccare altre specie (lo “spillover”), tra cui la nostra. Come già avvenuto per il micidiale virus Ebola. Distruggere e alterare in maniera irreversibile la natura ha “indirettamente” un impatto anche sulla nostra salute. “Ormai, tra l’altro, dovrebbe essere chiaro a tutti che non bisogna più rompere le palle ai pipistrelli, con buona pace di Batman…”, penso quasi sarcastico con il genere umano. Il legame tra cambiamento climatico e infezioni virali è stato sottolineato da più parti (ad esempio dal “Lancet Countdown Report 2019” - https://www.lancetcountdown.org/2019-report/ ). Se avessero ragione gli scienziati che sostengono questa tesi, e non sono pochi, ossia che il Coronavirus è stato innescato dalla nostra promiscuità con i pipistrelli, amplificato dalla concentrazione di popolazione delle megalopoli e poi diffusosi dal processo di globalizzazione in corso, pensare che questo sia un caso isolato e che non si ripeterà in futuro è da sciocchi. Basti pensare a quello che denuncia Greenpeace da tempo, e che è sotto gli occhi di tutti: lo scioglimento dei ghiacciai in Alaska o in Siberia ha già fatto riemergere i frammenti di dna del vaiolo. Ipotizzare che riemergeranno anche degli altri virus non è un esercizio complicato. Nel Gennaio del 2020, all’interno di un campione di ghiaccio di 15 mila anni fa, prelevato da un Altopiano tibetano, sono stati scoperti 28 nuovi virus sconosciuti (https://www.greenpeace.org/italy/storia/7098/il-coronavirus-e-il-nostro-... ).
Mentre avanzo lungo le stradine di campagna in modalità “fallita autocoscienza buddista”, a causa della riflessione ossessiva sul Covid19, incrocio un paio di vere e proprie fattorie (in città!), con tanto di gallo che canta sguaiato. I soliti runner solitari, gruppi di famiglie che avanzano in ordine sparso, amiche in fila indiana che si parlano alle spalle (e non se lo possono rimproverare, almeno questa volta), un padre che fa il bullo con il proprio figlio, un signore che porta a spasso il cane in mezzo alla campagna mentre parla al telefono con i guanti (sarà poi così infetto?), bambini che giocano tra loro come prima della pandemia, e mi capita di incontrare anche delle persone viste nei giorni precedenti, che mi salutano. Ormai siamo “vicini di passeggiata”.
Fa caldo. Comincio a sudare un po', e il virus dell’ossessione mi riacchiappa la testa: in un rapporto del 2007 l’Oms già ci aveva avvertito del pericolo di infezioni virali, batteriche o da parassiti, a causa del cambiamento climatico. Abbiamo dovuto aspettare 13 anni e una pandemia per prenderlo sul serio? Ma lo stiamo davvero facendo? I soldi spesi in deficit serviranno per rafforzare il sistema sanitario pubblico ed essere pronti alla prossima emergenza sanitaria? Non mi sembrano domande inutili, anche se disturbano il mio esercizio spirituale.
Dagli anni ‘70, infatti, si sono sviluppate 40 nuove patologie sconosciute in precedenza. Un triste record di cui pochi parlano. Alcuni virus spariscono e poi riappaiono, come la malaria e la dengue. Negli ultimi decenni, tra l’altro, il 75% delle infezioni più importanti sono state frutto di zoonosi. Come mai? Avendo compromesso l’autoregolazione dei sistemi naturali, spostato animali in ogni angolo del pianeta, alterato la microbiologia del suolo, diffuso ovunque le polveri sottili e l’inquinamento di ogni tipo, ridotto fortemente la biodiversità, ci siamo messi noi stessi in una situazione drammatica. Non stiamo solo segando il ramo dove siamo seduti, ma l’intero albero sta cambiando natura e sembra essere diventato una pianta carnivora pronta a divorarci.
Metto un punto alle domande, e continuo a girovagare per il parco. Scopro che, proprio a due passi da casa mia, c’è una specie di maneggio dove corre uno splendido cavallo bianco. Qualcuno ha trasformato una parte del parco in una pista da cross, per biciclette e moto. E c’è anche una casa appena costruita e abbandonata, vista parco, che...mi fa pensare ai moltissimi posti inutilizzati dove si sarebbe potuta organizzare l’accoglienza per i malati di Coronavirus...e al fatto che non riesco a pensare ad altro...
Respirare aria pulita e sentire il sole sul mio volto è un’esperienza bellissima che mi riporta, come in una specie di ping pong dell’attenzione, al mio progetto di “liberazione pasquale”: ritrovare il gusto e la possibilità di scoprire, andare alla ricerca, vagare per sentire, ascoltare, guardare. Si può fare quasi sempre. “Per essere davvero liberi non occorre la ferrovia”, cantava De Gregori qualche tempo fa. Senza altri obiettivi che non siano quelli di camminare, mi ricomincio a vivere la mia Pasqua da esploratore.
Ad un certo punto, però, vedo un carrello della spesa buttato sul ciglio della strada, in una specie di fosso sulla sinistra…le associazioni mentali con il sistema consumista, responsabile della follia che ci sta portando sull’orlo del baratro ecologico, sono immediate…ma, come prima, cerco di non pensarci e andare avanti. Se ci riescono in molti, e per lungo tempo, perché non dovrei farlo anch’io?! Che mi frega come c’è arrivato, perché lasciarlo là, o fare associazioni con il potente simbolo che rappresenta?!?…ma, poco dopo, proprio quando ho ritrovato una tranquillità nello sguardo senza pensiero, quando ormai sono felice di ignorare gli enormi problemi resi evidenti da questa pandemia, isolata, in mezzo ad una parte di prato in un punto quasi nascosto del parco, scorgo una...poltrona beige in pelle...”ma cosa diavolo ci fa là?!”, penso...”chi ce l’ha portata?”, “servirà per dare sollievo a qualche prostituta e ai suoi clienti?”…e niente...il vizio neozapatista di camminare domandando è più forte dell’indifferenza spirituale.
Nonostante questo, torno verso casa ancora fiducioso nel mio impegno ad osservare, senza domandare né pensare. Solo sentire.
Mentre sono a buon punto sulla strada del ritorno, guardando tra i rami secchi di una fila di alberi che mi trovo sulla destra, scorgo un punto azzurro nel cielo, una macchia più azzurra che si staglia tra i rami. Non è il cielo. Mi avvicino. La guardo bene. E’ una busta di plastica. Una busta di plastica portata dal vento...forse è la risposta di cui parlava Bob Dylan?...mah...una busta azzurra, rimasta impigliata, che pende sfacciata sugli alberi spogli, come per ricordarci quello che la nostra civiltà ha saputo produrre e diffondere di più negli ultimi decenni. Non negli ultimi centinaia di anni, ma solo negli ultimi decenni. Eppure ne siamo sommersi! Ci sono già intere aree dell’oceano che ne sono piene, e noi non sappiamo dove metterla, come sbarazzarcene. O meglio, lo sapremmo. Ma, come succede anche con le cosiddette energie alternative - come ci dimostra l’ultimo documentario del regista ambientalista Jeff Gibbs (coprodotto da Micheal Moore: https://www.youtube.com/watch?v=Zk11vI-7czE ) - spesso le soluzioni che troviamo sono quelle che meglio si adattano alla logica e al potere del sistema capitalista. Non risolvono davvero i problemi comuni.
Infatti, per farlo, c’è bisogno di un cambiamento di paradigma, nel modello di consumo e di produzione (prima di tutto militare, energetico, alimentare). Ossia comprendere la riflessione alla base della “decrescita” e di chi vorrebbe ricreare la sfera pubblica (e pensa al bene comune, per esempio). Le misure che meno mettono in discussione il pensiero, il sistema e il potere che difende l’attuale civilizzazione, che non rompono con la logica e con il potere economico già accumulato in poche mani, oggi, servono solo a “limitare i danni”, quando va bene. Fino a quando non decideremo di seguire soluzioni che superino la prospettiva del profitto e dell’accumulazione del potere economico e politico che ne consegue, non avremo fatto nessun passo avanti reale, neanche a livello ecologico.
Quando rientro a casa ho la netta sensazione di “aver fallito”, di non aver vissuto la mia “liberazione pasquale”. Non sono riuscito ad evitare di considerare i problemi legati al Covid19(20-21-etc). Anche pensando solo alla dimensione ecologica della faccenda sono ricaduto nel problema politico che vi sta alla base. Guardandomi allo specchio con la mia folta barba incolta, mi riprometto di non pensare più al dramma umano ed ecologico portato dal Coronavirus e alle critiche da fare ai governi che lo stanno affrontando. Almeno per qualche giorno, voglio cadere in uno stato di “fiduciosa ignoranza”, per capire come vivono molte persone. Ci riesco per qualche giorno.
Poi, però, il governo annuncia l’App “immuni” e mi riporta alla realtà. Una misura che non risolve nulla dal punto di vista sanitario e che aggrava la direzione securitaria adottata sino ad ora...mentre mi guardo allo specchio, oggi, 25 Aprile, giorno della liberazione dal fascismo, la mia bocca si apre quasi da sola emettendo parole sconnesse contro il governo...sembro posseduto...lo spirito pasquale è solo il ricordo della fragranza delle mandorle della Colomba, e lancio delle bestemmie memorabili di cui i miei vicini sono innocenti testimoni. Ormai cerco qualcuno con cui scendere in piazza, subito.
Questa sarebbe la vera liberazione, oggi.

Accesso utente

Navigazione

Utenti on-line

Attualmente ci sono 0 utenti collegati.